La dimensione comunitaria di ben-essere e ben-diventare, dentro e fuori una scuola coi “muri aperti”, è essenziale per innescare e sviluppare il circolo virtuoso dell’educazione. La crescita di un bambino e di un adolescente può avvenire solo in un “villaggio” (noto proverbio africano), l”imparare a diventare” (slogan dell’UNESCO) accade solo a contatto coi genitori, i nonni, i docenti, gli amici, attraverso l’osservazione, l’insegnamento, l’esempio, valori e progetti in comune.
La dimensione del Comune “ente locale” è fondamentale anche per la scuola: competenze, iniziative, asset culturali e ambientali a chilometro zero (anche tra classe e classe di una scuola!) stanno spesso in “vasi” non comunicanti, mentre dovrebbero essere circolari, inter-generazionali, inter-disciplinari, inter-attive, dentro e tra i mondi della scuola, della società, del lavoro e della polis. All’estremo opposto, la dimensione planetaria, eco-logica ed eco-nomica (con la nostra οἶκος già enormemente espansa da Internet, dalla globalizzazione e in futuro dall’I.A.) deve diventare nuova occasione di consapevolezza, apprendimento, scambio, riutilizzo, valorizzazione delle risorse e dei prodotti dell’intelletto, delle arti e delle scienze. Ciò vale anche per le risorse e contenuti educativi!
L’Educazione Circolare vive di progetti socio-educativi, in cui sono protagonisti tutti, e in particolare i giovanissimi, insieme ai loro docenti, ai dirigenti scolastici (DS e DSGA!), alle famiglie, alle associazioni e agli enti locali, in una logica di Service Learning e di Comunità Educante (vedi oltre, 5. e 6.). Occorre però un linguaggio condiviso da età, ruoli e competenze così diverse: è il linguaggio progettuale, che connetta obiettivi, risorse e scadenze, applicato alle fasi di creazione, pianificazione, esecuzione e controllo, chiusura e valutazione: ciò anche grazie alla metodologia “Progetti dal Futuro” che il PMI (Project Management Institute) ha concepito e diffuso in tutto il mondo traducendola in quattordici lingue, nonché alla Fondazione Amiotti che dal 2013 ne ha promosso la sperimentazione in centinaia di scuole primarie italiane tramite l’iniziativa “Dal Sogno al Progetto”. Di un linguaggio progettuale comune e condiviso – e “imparato” e agito come tutti i linguaggi – avrebbe beneficiato il lancio e beneficerebbe molto l’implementazione del PNRR Scuola, a tutti i livelli.
Quando il “rifiuto” da recuperare è un essere umano
Uno degli scopi dell’economia circolare è la riduzione del rifiuto ed il metodo per ottenerlo consiste nella modifica dei processi produttivi in modo da semplificare il riciclo ed il riutilizzo. Anche nella scuola esiste un processo educativo lineare di tipo selettivo che genera abbandono scolastico.
L’economia lineare produce, consuma ed scarta ciò che smette di funzionare, ma la scuola non può fare lo stesso. Abbiamo chiamato educazione circolare una spirale virtuosa di produzione di conoscenza e competenza che non scarta niente e nessuno ma rimette in circolo chi è diverso o svantaggiato in una comunità aperta ed estesa al territorio.
Il triste record italiano, 27% di giovani NEET, ci ha spinti a creare un modello educativo circolare che si pone l’obiettivo di incidere sulle cause di questo fenomeno formando docenti inclusivi e sperimentando un’educazione che trasformi la valutazione selettiva in valutazione formativa.
Dalla Scuola alla Comunità Educante
La cornice dell’Educazione Circolare è la Comunità, da identificare, potenziare e connettere. Innanzitutto quella delle due agenzie educative, troppo spesso scollegate: la famiglia e la scuola, che i giovanissimi vivono in ore diverse della giornata, insieme a gruppi di amici coetanei, reali o virtuali, tutti “incontrati” sempre più attraverso il filtro della comunicazione digitale.
In una logica di Comunità (ispirata anche da quella teorizzata e praticata da Adriano Olivetti), si tratta di uscire dalla situazione di matrioske di dimensioni diverse ma non integrate e spesso incomunicanti, sia all’interno del quadro istituzionale dell’istruzione (per lo più lineare) e non invece dell’educazione circolare, sia all’interno del quadro socio-politico della cittadinanza, sia a maggior ragione tra scuola, società, economia e politica.
Due dei modelli educativi che hanno preso più piede in Italia sono rappresentati nel nostro Convegno: la Classe Capovolta dell’Associazione Flipnet (fondata nel 2014, 130.000 insegnanti coinvolti) e la Scuola Senza Zaino (modello e rete lanciati nel 2002, oggi diffusi in oltre 700 scuole, “plessi” nel gergo ministeriale). La Fondazione Enrica Amiotti, ispirandosi al suo Manifesto Rinascimente del 2014, ha lanciato a fine 2018 – con vari aggiustamenti di modello e con successi ancora limitati, anche a causa della pandemia – un’idea di Comunità Educante ABC – Arte Benessere Cittadinanza, in cui gli Istituti Comprensivi (I.C.) fungono da pivot di progetti socio-educativi che coinvolgono intorno alla scuola le famiglie, le associazioni culturali e sportive, gli enti locali, il tessuto imprenditoriale e le fondazioni del micro-territorio (quartiere metropolitano, città, vallata), messo in rete con territori di vocazione simile o che possono agire da ispirazione e traino, dentro e fuori Italia, in Europa e nel mondo.